Non è frequente poter ascoltare, in un programma di concerto che li veda protagonisti, gli strumenti che normalmente stanno in ultima fila alle spalle dell’orchestra o che, comunque, raramente svolgono un ruolo di primo piano nelle formazioni nell’ambito delle quali si esibiscono. Più d’uno di questi ha invece avuto l’occasione per svelare al pubblico tutte le proprie qualità inespresse grazie a diversi appuntamenti proposti da MiTo SettembreMusica 2016.
Al più spettacolare di essi abbiamo assistito al Teatro Dal Verme: In the mood for tuba, ovvero “voglia di basso tuba”, un progetto di un giovane virtuoso dello strumento, Thomas Leleu, accompagnato da un quintetto d’archi. Complici l’imprevisto dell’obbligato trasferimento dello spettacolo dal Franco Parenti alla sala piccola sotterranea del Dal Verme (per cause di forza maggiore indipendenti dall’organizzazione di MiTo), ed il modo familiare di Thomas Leleu presentarsi al pubblico e presentare ogni brano dialogando con la sempre ottima Gaia Varon (angelo custode dell’edizione milanese di MiTo 2016), più che in una sala da concerto “classica” sembrava di trovarsi in una delle “caves” di Losanna (beninteso senza birre e, per fortuna, senza fumo di sigarette!).
Trattandosi di uno strumento non a tutti familiare, come ha opportunamente fatto Leleu in sala, anche in questa sede è opportuno inquadrare il basso tuba nel contesto della più ampia classificazione degli strumenti musicali.
Il basso tuba dunque appartiene alla classe degli aerofoni, alla famiglia degli ottoni ed alla sotto famiglia dei flicorni (il cui tubo completamente conico li distingue dalle trombe, dove è per tre quarti cilindrico e conico terminante in un padiglione per l’ultimo quarto). Come per la maggior parte degli strumenti, anche fra i flicorni esistono tagli corrispondenti alle diverse voci (soprano, contralto, tenore, baritono e basso) ed il basso tuba ne costituisce il taglio basso grave.
Per quanto invece riguarda la sua storia, “antenati” del basso tuba sono il clavicorno (il flicorno tenore) e l’oficleide, che deve il nome alla fusione dei vocaboli: ophis (serpente) e cleide (chiave), da cui "serpente a chiavi". Quest’ultimo strumento, infatti, deriva a sua volta dall'antico "serpentone": strumento basso della famiglia dei cornetti rinascimentali, dal quale si differenzia per essere costruito in ottone (anziché in legno rivestito da cuoio) e per l’aggiunta di 11 chiavi.
Il basso tuba nasce per la fanfara dell’armata prussiana ed il suo primo esemplare venne costruito a Berlino da Johann Moritz nel 1835.
Venne poi perfezionato quando, dal Belgio, arrivò sulla scena musicale il signor Antoine-Joseph “Adolphe” Sax (1814 -1894), geniale costruttore ed inventore di strumenti musicali, incluso quello che ne porta tuttora il nome. Puntando ad entrare nel redditizio mercato delle bande militari, per dimostrare la superiorità dei suoi strumenti organizzò un pubblico “scontro” musicale nel quale si affrontarono due schiere armate l’una dei vecchi strumenti, l’altra di quelli nuovi ideati da lui. La battaglia ebbe luogo il 22 aprile 1845 al Champ de Mars di Parigi, davanti a 20.000 spettatori e ad una giuria qualificata. Naturalmente i 45 elementi che suonavano strumenti tradizionali furono sbaragliati dai 38 dotati di strumenti inventati o perfezionati da Sax.
Se questo episodio diede il via alla fortuna delle sue invenzioni, lui non ne trasse analogo beneficio: visto che morì in miseria anche a causa delle azioni, non tutte legalmente corrette, degli altri fabbricanti a lui ostili.
Tornando alla storia del basso tuba, la sua integrazione nell’orchestra classica si deve a Berlioz (1803-1869) il quale, tuttavia, nel suo Trattato di orchestrazione ne definisce la sonorità dubbia: “le note gravi sono sbagliate e gli acuti non meravigliosi”.
Sarà per questo, commenta Leleu, che “viene collocato in fondo dietro a tutti ed a volte è anche un po’ deriso”!
Con queste premesse, è chiaro che ascoltare come strumento solista il basso tuba è quindi un’esperienza eccezionale, e merito di un’artista originale e coraggioso come Thomas Leleu che, dichiarando di sentirne la fisicità, si è prefisso di scoprirne e rivelare al pubblico le possibilità normalmente non esplorate.
Lo accompagna nell’impresa, per la prima volta in Italia, una formazione che annovera anche solisti e membri dell’Orchestra Nazionale d’Ile de France – il primo violino – e delle Orchestre di Marsiglia (il contrabbasso, parigino di origine ma di fatto Marsigliese), di Parigi e della Filarmonica di Radio France.
Due di essi, secondo violino e viola, sono tunisini e seppure “suonano senza babbucce” – scherza Leleu – la loro influenza si sente eccome nell’arrangiamento che diventa arabeggiante (dopo un inizio in stile jazz manouche) di due estratti da Sansone e Dalila di Saint Saëns con i quali si apre il concerto: la Danza baccanale e l’aria del secondo atto in cui Dalila (mezzo soprano) canta Mon coeur s’ouvre à ta voix. È il momento in cui chiede a Sansone di rivelare il segreto della sua forza che, come noto, risiede nei suoi capelli e Leleu non si fa sfuggire l’occasione di fare riferimento alla sua chioma leonina che ricorda il protagonista del film Edward mani di forbice.
Seguono gli archi del Pizzicato dal balletto Sylvia di Léo Delibes e Salut d’amour di Edward Elgar. Il fatto che anche la versione originale di questo brano sia stata dedicata al violino, assieme al suo essere definito il “Paganini del basso tuba” sono indicativi di quanto il violino sia un continuo riferimento nella musica di Leleu che, non a caso, in molti brani svolge una linea melodica parallela a quella del primo violino.
In effetti, spiega ancora fra un brano e l’altro, “Non ascolterete nessun pezzo originale per tuba” ma non perché allo strumento “manchi un suo proprio repertorio degno di interesse” bensì per il gusto di “appropriarsi di composizioni scritte per altri strumenti” e per il piacere provato nel “lavoro necessario per orchestrarle per il basso tuba” e la sua formazione.
Altro indizio, ormai ben più che una prova, del debito di Leleu verso il violino è il brano successivo, una fantasia dell’opera che, seppure al debutto non fu un successo, è oggi la più suonata al mondo: la Carmen di Bizet che, sottolinea sorridendo, è francese! Come si diceva poco sopra la versione di Leleu si ispira alle acrobatiche variazioni che ne ha fatto Pablo de Sarasate per violino.
Sebbene intelligentemente intercali la sua esibizione con le presentazioni dei brani appena suonati o di quelli che seguiranno, come se fossimo ad un concerto pop invece che in una sala da concerto “classico”, e lasciando a volte il palco al solo quintetto d’archi, Leleu confessa che suonare la tuba come strumento solista stanca (chissà perché, la sua figura ci ricorda l’omino che regge la croce nel Giudizio Universale di Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova) e perciò l’intervallo è più che necessario.
Nella seconda parte si scende in Sud America con il tango, definito “una musica nobile ed un modo spontaneo di fare musica”. Leleu ce lo propone nella versione del “Nuevo Tango” di Astor Piazzolla, la cui ricorrenza nei programmi di MiTo lo fa ormai considerare a tutti gli effetti un autore “classico”.
Le celeberrime Adios Nonino (diminutivo del padre Vicente, in occasione della cui improvvisa morte è stata scritta), Oblivion, Verano Porteno (l’estate di Buenos Aires)… sono via via suonate da solo, con l’intero gruppo o lasciate ai suoi musicisti.
Si passa poi alla Gioconda di Ponchielli che, osserva Thomas, “Non ha nulla di giocondo visto che è tutta una catastrofe con morti e suicidi” e di cui esegue una Fantasia sulla musica della Danza delle Ore, l’unico brano allegro dell’opera, non a caso usato da Disney per il film Fantasia. Anche in questo caso trova conferma la “furba” scelta di eseguire con la tuba variazioni ed abbellimenti sulla melodia eseguita dal gruppo che, nell’occasione, diventa un po’ come la base registrata sulla quale si sbizzarriscono gli artisti di strada in via Dante, poco lontano dal teatro in cui ci troviamo.
La seguente pausa per rifiatare diventa per Leleu occasione per divulgare alcune note curiose sul basso tuba. Pesa 10 kg e, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non occorre molto fiato per suonarlo: bisogna solo lavorare molto sul modo di canalizzare l’aria. Come per tutti gli ottoni, si soffia nel bocchino ma non è sufficiente limitarsi a soffiare: bisogna imparare a far vibrare le corde vocali mentre si soffia, come quando si parla o si canta, per fare vibrare l’aria in modo adeguato. Segue dimostrazione pratica, con distacco del bocchino ed esecuzione di una serie di… “pernacchiette” e commento dell’artista: “Per arrivare a questo risultato occorre studiare qualche mese”!
Qualora in sala ci fossero familiari di bambini potenzialmente interessati allo strumento, Leleu li informa che si può cominciarne lo studio già dai 6-7 anni, con la tuba baritono che è un po’ più piccola. Come già sopra si è accennato, la tuba si presenta in diverse taglie ed a quelle già citate si possono aggiungere la tuba contrabbasso, usata nell’orchestra sinfonica russa di Shostakovich, ed il cimbasso, una via di mezzo fra trombone basso e tuba che ha la non trascurabile comodità di poter essere appoggiato a terra, usato nell’opera italiana, ad esempio da Verdi: sulla rete internet c’è un video in cui Thomas Leleu lo suona fra le file dell’Orchestra Filarmonica di Marsiglia nell’Ouverture del Nabucco.
Si torna in America Latina col compositore brasiliano Heitor Villa Lobos e la sua Tristorosa, inserita nel repertorio di Leleu per una vicenda familiare che egli stesso definisce “molto francese”: ovvero l’essergli stata suggerita dalla madre, pianista sempre alla ricerca di nuova musica, con l’espressione: “Tesoro devi ascoltare questo”!
Per quanto riguarda i compositori viventi, la cui presenza nei programmi di MiTo è un’espressa richiesta della nuova direzione artistica, Leleu propone un nome francese di rilievo nella musica jazz e da film: il 95enne Claude Bolling, autore tra l’altro della colonna sonora di “Borsalino”, che per il Thomas Leleu Sextet ha appositamente riarrangiato il terzo movimento, Rag Polka, dalla sua Toot suite per tromba e trio jazz (piano, contrabbasso e batteria).
E siamo al gran finale, una sfida di Thomas Leleu e del suo basso tuba al virtuosismo del violino sul suo stesso terreno: il brano più famoso di Vittorio Monti, la Czarda che comincia cantabile a ritmo lento per poi subito diventare indiavolata trasformandosi quasi in un assolo rock mentre le luci colorate che hanno accompagnato le diverse sezioni del concerto, dal blu al verde, per il finale diventano di un rosso infuocato come la musica che sottolineano.
A dirla tutta l’effetto scenico un po’ ci perde per via dello sfratto di Leleu dal Parenti - per eventuali rimostranze rivolgersi a Roberto Bolle! Ma a chi ascolta di questo interessa poco; stupefatti dalla capacità di Thomas Leleu di suonare un simile brano con soli 4 pistoni gli spettatori lo sentono “cantare” nello strumento, produrre doppi e tripli suoni contemporaneamente: un vibrato al basso e la melodia e poi tutta una serie di “effetti speciali” che entusiasmano il pubblico.
Alla fine l’applausometro indica: DELIRIO!