Spettacolo di musica, danza e recitazione, “Voluptas dolendi - I Gesti del Caravaggio” è un omaggio tutto milanese al maestro lombardo e a buon diritto si è a suo tempo inserito, come contributo originale, nella miriade di iniziative espositive ed editoriali dedicate a Michelangelo Merisi da Caravaggio nel 2010, anno in cui si è celebrato il quattrocentesimo anniversario della morte dell'artista.
Proposto a Milano nel 2002, nell’ambito della tradizionale stagione musicale della Fondazione Marco Fodella, da progetto teatrale è diventato anche un film: presentato nel corso del 2009 in importanti rassegne nazionali culminate, nel febbraio 2010, nella proiezione a beneficio dei nuovi eletti al Parlamento Europeo di Strasburgo.
Più travagliata, in analogia alle vicende biografiche del suo protagonista, è stata la realizzazione del corrispondente DVD che, accompagnato da un libro bilingue italiano/inglese, è stato finalmente reso disponibile al pubblico (per info www.fondazionemarcofodella.it) proprio alla vigilia della ricorrenza (18 luglio).
Nato come spettacolo da allestire in luoghi diversi, per l’ambientazione del film la regia di Francesco Vitali ha scelto un’unica simbolica sede: la suggestiva cornice della basilica di San Marco a Milano. Sotto la sua cupola, fra gli scranni del coro ligneo, sulla scacchiera “metafisica” dei suoi pavimenti, l’arpista Mara Galassi e l’attrice e danzatrice Deda Cristina Colonna, offrono un’efficace combinazione delle rispettive arti che, come in Caravaggio, soltanto la luce delle candele strappa alla penombra dominante di questo scenografico sfondo architettonico.
“Non trasposizione cinematografica di una pièce teatrale né documentario; non un film musicale e neppure un balletto” (Dinko Fabris), il film ripercorre la produzione pittorica di Caravaggio evocandone atmosfere ed emozioni e “dando vita” ai suoi dipinti grazie alle peculiari virtù “descrittive” della musica e del gesto.
Lo aprono, scelta felicissima, le note del tema della “Fantasia XIII” per liuto (ma eseguita sull’arpa doppia) di un altro artista lombardo di primo livello: Francesco da Milano, il maggiore virtuoso al liuto della prima metà del Cinquecento e per questo meritevole dell’appellativo di “Divino”.
Mara Galassi le suona pettinata come la Santa Caterina d’Alessandria di Madrid e appoggiata allo strumento come la martire alla sua ruota di tortura ed estasi mistica. Sono note che Cristina Colonna ascolta assorta prima di pronunciare un testo tratto dalla “Vita di Giorgione” del Vasari.
Perché l’arpa e non il liuto, strumento ampiamente dipinto da Caravaggio? E perché testi non direttamente riferibili a Caravaggio? La ragione di questa scelta risiede nella volontà di realizzare un progetto artistico che non fosse una didascalica rappresentazione caravaggesca ma avesse valenza autonoma. Nello specifico, il dualismo della relazione fra l’arpista, immobile ma vibrante nelle note di Frescobaldi, Kapsberger ed altri virtuosi del tempo di Caravaggio, ed i movimenti della danzatrice (oltre ai testi tratti da “Vite” e “Cronache” coeve) narrano una “storia possibile” che risulta dall’insieme di diversi linguaggi espressivi: gesti, colori, luci, suoni e parole… e costumi.
La costumista Barbara Petrecca ha infatti disegnato per Mara Galassi, un sontuoso abito tardorinascimentale che non muta e non si modifica, come se fosse tutt’uno con lo strumento.
Gli abiti di scena di Cristina Colonna sono invece componibili e, assecondandone gli arabeschi gestuali ed espressivi, “riproducono mirabilmente le suggestioni degli originali dipinti nelle tele di Caravaggio, dal corsetto più elaborato di una Giuditta o una Madonna alla semplice sottoveste d’angelo fluttuante nella Fuga in Egitto” (Davide Verga).